Nel testo precedente si è incontrato il concetto di ‘vittimizzazione secondaria’: scopri di più sul tema leggendo questo ulteriore documento, che spiega anche come prevenirla.
Vittimizzazione secondaria
La reazione e i comportamenti di contorno hanno un impatto determinante per le vittime di crimini d’odio anti-LGBT. Le modalità con cui le persone reagiscono possono determinare episodi di vittimizzazione secondaria. ‘Vittimizzazione secondaria è quella vittimizzazione che non è immediate conseguenza dell’azione criminale, ma deriva dalla risposta fornita alla vittima da istituzioni e persone’. La vittimizzazione secondaria può apparire in diverse forme. Prevenirla è importante per consentire il benessere della vittima.
Esempi che possono comportare vittimizzazione secondaria in casi che coinvolgono persone LGBT
Scarsa comprensione della terminologia LGBT;
Errori sul genere o deadnaming (utilizzo del nome ‘precedente’ di una persona transgender);
Utilizzo dei pronomi sbagliati;
Insensibilità rispetto al coming out;
Incapacità di soverchiare atteggiamenti LGBT-fobici o pregiudizi.
Esempi che in generale possono determinare una vittimizzazione secondaria
Mancanza di risposte o risposte inutili o denigranti;
Attribuzione alla vittima di responsabilità per il crimine subito o victim-blaming;
Minimizzazione della serietà di un crimine d’odio denunciato e scherno dell’esperienza vissuta e delle sue conseguenze;
Diniego della prospettiva della vittima nella valutazione del crimine, scarsa o assente considerazione del motivo d’odio;
Mostrare atteggiamento ostile o rinforzare il pregiudizio dell’aggressore, trattando la vittima di conseguenza;
Espressione di simpatia o comprensione per l’aggressore;
Mancanza di adeguata conoscenza, esperienza o abilità nel comprendere il significato dell’identità nella vittima rispetto al crimine subito.
Mancanza di considerazione dei bisogni individuali (eg informazione e giustizia);
Negazione dei diritti o dello status della vittima.